Fabbisogno del personale orientato al risparmio. Turni notturni che in molte realtà escludono il personale OSS. Perché?
É ormai nota a chi opera nel settore sanitario la logica che alcune aziende, pubbliche o private, adottano per la determinazione del fabbisogno del personale e la pianificazione/gestione delle attività assistenziali.
Tale logica risulta molto spesso “poco comprensibile” poiché sembra non tenere conto della realtà dei fatti, della complessità delle varie attività che si susseguono durante i turni di lavoro e dei veri bisogni del paziente che necessita di assistenza.
Va sicuramente tenuto conto che le aziende fanno spesso e volentieri riferimento a tabelle che aiutano a calcolare il numero dei professionisti di cui avvalersi ma spesso questi fattori utilizzano un metodo “chiuso”, che non valuta tutta una serie di elementi che tengano in considerazione momenti di emergenza, carenze per malattia, ferie, permessi, spostamenti, riducendo sempre più all’osso il personale che già di base è troppo spesso abbastanza esiguo.
Una politica senza dubbio al risparmio che, pur di far quadrare i conti, condiziona le aziende orientandole verso un criterio che, di fatto, crea un fenomeno autodistruttivo.
Si riscontrano sempre più spesso, nonostante viviamo in un’epoca che dovrebbe essere distante da fenomeni del passato, realtà lavorative che vedono Pronto Soccorso completamente allo sbando, trovandosi ad accogliere una utenza numericamente incompatibile con le risorse strumentali, strutturali e umane che le aziende mettono a disposizione, reparti con personale in turno sempre estremamente risicato che spesso, pur di garantire l’assistenza, si vede “obbligato” a coprire turni assurdi dove lo straordinario è tutt’altro che un fenomeno occasionale, senza contare che lo stesso personale è contestualmente impiegato in attività esterne al reparto poiché le aziende non prevedono di organizzare squadre dedicate alle attività collaterali, sguarnendo ancor di più le unità operative già in affanno, sale operatorie non funzionanti per carenza di medici o anestesisti.
Tutto questo solo per citare alcuni esempi delle realtà lavorative.
A tutto ciò si aggiunge un altro fenomeno bizzarro che inspiegabilmente vige in moltissime realtà nazionali: gli Operatori Socio Sanitari non svolgono turno notturno.
Ma perché l’assistenza socio sanitaria ha una scadenza entro un determinato orario e riprende al mattino?
È pur vero che il personale infermieristico è sempre presente e certamente non nega mai un determinato tipo di assistenza al paziente, ma perché considerare meno importante il paziente in determinate ore sottraendogli le figure necessarie? Perché invitare continuativamente e sistematicamente dei professionisti a svolgere attività non prettamente idonee al proprio profilo professionale quando invece basterebbe mettere in turno gli Oss che sono tipicamente addetti a quel tipo di assistenza?
Da un piccolo sondaggio tenuto su un campione di Oss che operano in tutta Italia in realtà sia pubbliche che private è emerso che: il 27% degli Oss svolge turni H24 solo nel settore privato.
Il 25% degli Oss svolge turni H24 nel settore pubblico ma solo in determinati reparti (es. Emergenza/Urgenza ecc.).
Il 38% degli Oss svolge turni H24 nel settore pubblico e in tutti i reparti (dato che riguarda particolarmente realtà del centro/nord Italia). La restante percentuale è categoricamente esclusa dal turno H24.
Questo tipo di assistenza che si fonda sui fattori sinora raccontati è molto spesso causa di errori assistenziali, assenteismo a causa di burnout o stress da lavoro correlato (dovendo quindi ricorrere all’istituto del lavoro straordinario sovraccaricando sia i lavoratori che le spese aziendali), tensioni e malumori tra i lavoratori stessi, insoddisfazione da parte dell’utenza sul servizio ricevuto e, di conseguenza, danneggiamento dell’immagine dei professionisti e della stessa azienda.
Siamo proprio sicuri che certe scelte facciano realmente risparmiare?
A voi le considerazioni: redazione@oss24ore.com
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