Infermieri e Oss, dissapori e conflittualità tra due categorie che dovrebbero andare a braccetto.
L’operatore socio sanitario è stato nel corso degli anni una figura professionale molto “desiderata”, soprattutto dalla categoria infermieristica, poiché alla ricerca di qualcuno che si occupasse di tutte quelle pratiche di base non più attribuibili ad un professionista intellettualmente evoluto e più formato sulla gestione di pratiche più complesse, organizzative e di responsabilità.
Nonostante oggi, come già affrontato, l’Oss non sia ancora una figura professionale correttamente definita e ben inquadrata, questo obiettivo resta comunque formalmente raggiunto, potendosi avvalere del personale di supporto sia per l’espletamento delle pratiche assistenziali di base sia come forma di collaborazione per tutte le altre.
Va sicuramente sottolineato che la categoria infermieristica, in particolar modo in Italia, risulta vittima di una lentezza atavica per quanto riguarda la propria evoluzione, soprattutto in termini di riconoscimento economico e professionale.
Dover affrontare impegnativi percorsi universitari, specializzazioni, master e spesso laurea magistrale, dovrebbe automaticamente corrispondere ad un prestigioso profilo economico e un certo “rispetto professionale” che invece in questo paese sembra essere poco evidente, nonostante i titoli da EROI che negli ultimi tempi hanno riempito le bocche e le pagine dei giornali.
Tutto ciò è causa sicuramente di forte frustrazione ed insoddisfazione, particolarmente quando le aziende ospedaliere non mettono il personale sanitario nelle migliori condizioni per poter offrire il proprio servizio sia in termini organizzativi, economici e di fabbisogno del personale.
Ma da dove nascono certe divergenze?
Ultimamente abbiamo letto articoli che raccontano realtà italiane dove gli infermieri si sentono addirittura sfavoriti rispetto agli Oss per quanto riguarda le mansioni o il nuovo CCNL che si avvicina.
Per citarne qualcuno recente ricordiamo:
Paolo, Infermiere: “aumentiamo gli stipendi agli OSS e diamogli anche un Ordine, che brutta professione che siamo”, articolo in cui si contestano i possibili aumenti di stipendio per gli Oss come se fosse una colpa da parte di questa categoria a sfavore degli infermieri.
Daniela, Infermiera: “tra un po’ diventeremo personale di supporto agli OSS”, articolo dove invece i mancati riconoscimenti verso la professione infermieristica sono accostati in qualche modo agli Oss in maniera distorta come se l’esistenza degli stessi Oss la danneggiasse.
Leggiamo inoltre molti Oss che segnalano realtà lavorative dove vige un clima tensivo quotidiano a causa del “chi fa cosa”, dove si percepisce inoltre una sottile ombra discriminante, in alcuni casi al limite del Bullying, generando ripercussioni sulle performance degli operatori, sul clima lavorativo, sui livelli di assenteismo e di turnover.
Diversi studi dimostrano che un certo tipo di “violenza psicologica”, sia essa verticale o orizzontale, trova un’elevata diffusione con riflessi sulla riduzione della qualità dell’assistenza erogata, sulla soddisfazione dell’utenza fino alla compromissione dell’immagine aziendale.
Fortunatamente questo fenomeno non è in nessun modo implicabile ad una categoria specifica né la identifica generalizzando.
Risoluta però preoccupante sapere che certe dinamiche esistano e che siano presenti all’interno di un team assistenziale dove dovrebbe essere fondamentale la cooperazione e l’affiatamento più totale per poter erogare un servizio di qualità.
Va compreso sicuramente da tutti gli attori di certe diatribe che la corsia non è un tribunale, il reparto non è certamente un’arena dove affrontarsi per vedere chi ha ragione e chi no oppure chi fa di più e chi di meno.
Le sentenze di cassazione che spesso saltano fuori nelle controversie non sono legge né modificano quelle esistenti, non è discutendone tra colleghi che risolviamo le nostre insoddisfazioni.
Se l’università insegna ancora alcune attività non è certamente colpa del personale sociosanitario, come non è colpa del personale infermieristico se gli Oss hanno delle limitazioni e non è certo con le manie di protagonismo che ci si evolve professionalmente.
“Se faccio questo aiuto l’Oss” oppure “se faccio quest’altro aiuto l’infermiere”.
Non esiste l’aiuto come forma di cortesia personale.
Svolgere a carattere di eccezionalità una mansione di base non vuol dire ciò.
Eseguire un compito sovramansionante, sfociando nell’abuso di professione, è reato e non rappresenta alcuna cortesia a nessuno, in particolare al paziente che si assiste.
L’assistenza alla persona necessita della massima organizzazione, serietà, serenità, concentrazione, collaborazione e precisione.
Per fare tutto ciò è necessario tendersi la mano, cooperando ognuno nel proprio ambito di competenza, ponendo SEMPRE il paziente al centro.
Le nostre insoddisfazioni professionali, le nostre frustrazioni, le nostre personali convinzioni dobbiamo discuterle in altre sedi, non in reparto.
La lotta va fatta verso chi non ci forma in modo appropriato, contro chi non ci riconosce economicamente quanto dovuto e contro chi non ci valorizza professionalmente come meritiamo.
Certamente non è lottando tra categorie vicine che ci si evolverà professionalmente, ci pagheranno di più o ci sentiremo più stimati.
Riflettiamoci.
E voi cosa ne pensate? Scriveteci il vostro commento a redazione@ossa24ore.com
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